LA COMUNITA’
VALDESE
La storia della comunità valdese sangiovannese
rappresenta un autentico fenomeno culturale locale che, nel
tempo, ha segnato la storia del paese con ricadute sia sul
piano sociale che economico.
Essa affonda le sue prime radici negli ultimi decenni
dell’Ottocento ed è comunque strettamente legata alle
vicende storiche contemporanee (Cfr. Franco Monaco, I
valdesi a San Giovanni Lipioni, Editpress, 2008).
Le prime testimonianze documentate rivelano che l’inizio è
sostanzialmente legato al grande fenomeno migratorio che
caratterizzò la fine del XIX secolo, in particolare verso
gli Stati Uniti d’America: si devono al rientro in paese
degli emigranti di quel periodo l’affermazione e la
diffusione di nuove idee confessionali.
Gente di San Giovanni si recava a Schiavi d’Abruzzo per
partecipare alle celebrazioni tenute dal pastore evangelico.
A tali frequentazioni seguono richieste di visite regolari
in paese: la prima documentata, datata 24 maggio 1904, è
sottoscritta da una trentina di persone.
Le visite, tenute presso abitazioni private, vanno avanti
con regolarità fino all’avvento del fascismo.
La seconda petizione documentata, datata 30 marzo 1956 e
sottoscritta da una ventina di persone, segue di poco la
morte di Felice Antonio Monaco, classe 1874, noto come “lu
prutusc’tand” (uomo semplice, comunista, emigrato per un
periodo negli Stati Uniti si era convertito ed era entrato a
far parte dell’Esercito della Salvezza nello Stato del Main),
che aveva espressamente richiesto alla famiglia di avere un
funerale celebrato da un pastore evangelico.
La famiglia, attivatasi attraverso la comunità valdese di
Carunchio, non potè dare seguito alla richiesta per una
serie di circostanze avverse ma l’occasione creò il contatto
con il pastore Aldo Rutigliano, operante allora a San
Giacomo degli Schiavoni, in provincia di Campobasso.
Sono quelli gli anni della “guerra fredda”, delle grandi
contrapposizioni politiche ed ideologiche, che in paese si
esplicano in uno scontro continuo tra il parroco e il
nutrito gruppo di militanti comunisti locali, presenza che
vale a San Giovanni l’appellativo di “piccola Russia” e
porta all’elezione, il 27 maggio 1956, di un sindaco
comunista.
Due in particolare sono gli episodi che vengono ricordati:
nel mese di aprile 1954 il parroco si rifiuta di dare la
benedizione alla salma di Francesco Rossi al cimitero dopo
un breve elogio funebre da parte dei rappresentanti della
locale sezione del Partito Comunista Italiano; nel mese di
giugno 1955 non fa ammettere in chiesa al funerale di
Corinto Rossi la corona di fiori sempre della locale sezione
del Partito Comunista Italiano.
Riprendono così in paese le visite regolari del pastore
evangelico - sempre presso abitazioni private e
continuamente osteggiate - che portano nel 1961, con il
pastore Giulio Vicentini, al riconoscimento da parte della
Conferenza distrettuale della comunità come “Chiesa
costituita” e quindi alla decisione di costruire un Tempio
valdese.
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